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Due giornate per lo sviluppo sostenibile all’Orto Botanico

Lunedì 17 giugno, presso il Museo “Orto Botanico” dell’Università di Roma “La Sapienza”, si è tenuta la prima delle due giornate del convegno “Lo Sviluppo Sostenibile: Didattica, Ricerca & Innovazione nel campo agroalimentare per l’Agenda 2030”. L’evento, realizzato grazie alla collaborazione di Sapienza Università di Roma con FAO e Segretariato Italiano di PRIMA (Partnership for Research and Innovation in the Mediterranean Area) si pone come un momento di riflessione sul ruolo delle università nel raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.

Oltre ad essere un’occasione di confronto sulle tematiche “sostenibili”, il dibattito si inserisce nel quadro di una più ampia riflessione sullo sviluppo di una didattica innovativa che in Sapienza sta interessando diversi corsi di studio, tra cui Biotecnologie agro-industriali, Scienze e tecnologie alimentari e Scienze dello sviluppo e della cooperazione internazionale.

Tra i partner dell’evento c’è PRIMA, rappresentata al convegno dal presidente Angelo Riccaboni. Tra gli obiettivi del Segretariato vi è la ricerca di metodiche sostenibili agroalimentari e idriche nel Mediterraneo con lo scopo di attenuare il divario tra nord e sud del mondo, destinato purtroppo ad aumentare nei prossimi anni. A tal proposito Riccaboni parla di uno studio dell’Università di Siena che traccia lo scenario dei prossimi anni e fornisce ai governi raccomandazioni politiche e strategiche per potenziali soluzioni alle sfide ambientali, sociali ed economiche.

Ad effettuare una particolare analisi degli scenari agroalimentari sono presenti Marta Antonelli di “Fondazione Barilla” e Pierangelo Isernia dell’Università di Siena.

Antonelli parla del legame tra sviluppo sostenibile e il cibo: “Il sistema alimentare infatti è al centro delle attività economiche di tutti i paesi del mondo, tuttavia presenta diverse problematiche. Malgrado esso rappresenti una leva per migliorare la salute delle persone e del pianeta, ancora oggi fallisce in quelli che sono i suoi obiettivi principali. Infatti, 220 milioni di persone al mondo soffrono ancora la fame, mentre più del doppio hanno problemi di obesità”. Altro problema sottolineato è quello dei metodi di produzione agricoli troppo poco sostenibili che non badano ad emissioni e ad un eccessivo utilizzo di risorse. La terza problematica individuata inoltre consiste nell’enorme percentuale di cibo sprecato. Ogni anno nel mondo si buttano via 1,3 miliardi di tonnellate di cibo, pari a un terzo della produzione globale. Ed entro il 2030 questa cifra è destinata a salire toccando quota 2,1 miliardi di tonnellate. A tal riguardo la Fondazione Barilla ha sviluppato un progetto con l’Economist Intelligence Unit dal 2017: “si tratta di un indice della sostenibilità alimentare che cerca di misurare lo status quo dei sistemi alimentari all’interno di 67 paesi del mondo, rappresentando il 90% circa del PIL della popolazione globale. È un progetto che ha l’obiettivo di cercare di fornire un framework, una struttura concettuale che possa essere utilizzata da ricercatori, studenti e giornalisti per comprendere qual è lo stato dei sistemi alimentari all’interno delle economie nazionali considerate.”

Anche l’intervento di Pierangelo Isernia contiene, nella sua introduzione, un’analisi delle aree problematiche: Water Management, Farming e Agricultural Value Chain. Queste aree sono state al centro di un dibattito di esperti grazie al “Delphi”, uno strumento di comunicazione attraverso il quale si cerca di arrivare a un consenso o a una polarizzazione tra un gruppo di persone. È uno strumento di conversazione di gruppo che ha la particolarità di non essere caratterizzato dalla presenza di un campione rappresentativo ma da un campione di esperti del settore agroalimentare a cui è stato sottoposto un questionario e a cui sono stati fatti analizzare i feedback del questionario stesso a distanza di tempo. Questo è avvenuto per consentire agli esperti di rivedere le loro stime alla luce degli argomenti e delle stime effettuati dall’intero gruppo.

I risultati ottenuti hanno l’obiettivo di prevedere i trend e sono collocabili in due scenari: pessimistico e ottimistico. Tra gli aspetti pessimistici rilevati, la maggioranza degli esperti prevede un gap crescente relativo alle tre aree indicate tra nord e sud del mediterraneo e il ruolo del cambiamento climatico, considerato come la più importante fonte di pessimismo. Tra gli aspetti ottimistici vi è un aumento generalizzato della qualità della vita, l’aumento della produttività agricola e del valore aggiunto apportato dal settore agricolo sia nel nord che nel sud grazie agli sviluppi tecnologici.

Quando si parla di ambiente, si dovrebbe tener conto che ad esso si lega una variabile: il tempo. È qui che entra in gioco la sostenibilità. Essa deve necessariamente affermarsi come valore cardine nella cultura delle persone, affinché possa interporsi tra l’ambiente e l’attività irrefrenabile dell’uomo nel tempo. E bisogna fare in fretta, perchè scorre e non si ferma.

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