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“Il documentario come genere multigenere”. Giovanni Filippetto incontra gli studenti del CoRiS

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Venerdì 22 Aprile presso l’Aula Oriana del CoRiS Giovanni Filippetto, autore, sceneggiatore e regista, ha tenuto un incontro su “Il documentario come genere multigenere. Il valore delle narrazioni nella società delle piattaforme” nell’ambito del corso di Television and Entertainment Studies della prof.ssa Gavrila. Il regista inizialmente ha raccontato la propria esperienza: da giovane non aveva le idee chiare su cosa fare, ma nella vita sentiva un estremo bisogno ovvero quello di raccontare delle storie, di prendere la realtà e tradurla in parole di testi. È stata proprio questa fame di scrivere che gli ha permesso di lavorare con la Rai, Mediaset, La 7, Amazon. Ha iniziato con i programmi televisivi e poi, dopo tanta esperienza, si è appassionato ai documentari. Filippetto sostiene che fino a qualche tempo fa il documentario era sinonimo di qualcosa di noioso, pesante. Ad un certo punto tutto cambia, circa 10 anni fa, soprattutto con l’arrivo di piattaforme come Netflix, Amazon, Discovery, Raiplay: cambia la prospettiva e si producono più documentari.

Questo genere diventa più accessibile al pubblico, diviene un genere che esplode, secondo Filippetto. Si diffondono le docu-serie che raccontano una storia in più puntate. Gli elementi essenziali per un documentario sono le interviste, il reportage, il montaggio e il punto di vista. Le interviste sono autoportanti, contribuiscono in modo fondamentale alla costruzione del racconto, sono importanti da un punto di vista della forma e proprio per questo bisogna cercare una location adatta e un’inquadratura perfetta per realizzarle. Poco tempo fa le interviste si facevano in poco tempo, adesso sono fatte con cura perché diventano la base essenziale per dare veridicità a un racconto. Il repertorio è importantissimo, deve essere inedito e interessante. Giovanni Filippetto ha utilizzato questo genere per raccontare, ad esempio, attraverso un magistrato  la cattura di Michele Zagaria, boss dell’organizzazione camorristica del clan dei casalesi.

L’autore precisa il fatto che non sono tanti gli editori che vogliono che la storia abbia elementi di ricostruzione o di fiction anche se alcune cose sono risultano migliori se raccontate attraverso quest’ultima. La ricostruzione può servire per mancanza di repertorio, ma non deve essere troppo invasiva. Infine, Giovanni Filippetto incoraggia i giovani dicendo loro che per arrivare a fare questo mestiere bisogna scrivere, molto cercando di iniziare dalle piccole opportunità, perché è un mestiere che si impara solo facendolo e a volte bisogna anche imporsi per far sentire la propria voce.

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