RadioSapienza

Il Futuro Ascoltalo QUI. La radio ufficiale della Sapienza

I classici e il senso della storia moderna: Emilio Sereni e Giorgio Pasquali

      Intervista alla prof.ssa Margherita Losacco

Roma, 24 gennaio 2022 – Il rapporto tra i classici e la storia moderna è stato al centro dell’incontro che ha costituito il primo appuntamento del ciclo di seminari di letteratura greca “Luigi Enrico Rossi”. Svoltosi presso l’aula Odeion del Museo dell’Arte Classica, il convegno ha visto la partecipazione della professoressa Margherita Losacco, docente di filologia classica presso l’Università degli studi di Padova e del professor Michele Napolitano, dell’Università di Cassino e del Lazio Meridionale.

La filologia classica permette di ri-attribuire un significato al concetto di “senso” e proprio la ricerca del senso, che ci permette di decifrare la realtà circostante, è stata fondamentale per Emilio Sereni, figura che si discosta profondamente da quella dello studioso tradizionale. Rivoluzionario, politico, comunista di professione e storico, Emilio Sereni ha fatto della filologia classica il perno del suo studio e delle sue ricerche. La storiografia alla quale si è dedicato è una storiografia di cose, che si è concretizza nel 1961 con la pubblicazione di Storia del paesaggio agrario italiano. “Sereni sembra chinarsi sul passato per capire e per dire il presente” – ha dichiarato la professoressa Losacco.

Grazie al racconto memorialistico I giorni della nostra vita, scritto da Xenia Silberberg, nota anche come Marina Sereni, è stato possibile ricostruire i tratti cruciali della Resistenza milanese nell’inverno del 1944, mesi caratterizzati da un intensissimo lavoro organizzativo, concettuale e politico; giorni durissimi di freddo, fame e terrore nazifascista. Da questi mesi vissuti in clandestinità hanno preso vita gli excerpta di Sereni, ovvero gli appunti dalle sue letture. La professoressa Losacco ha analizzato la silloge, ritrovata a Gattatico, relativa al periodo che va dal 10 novembre del 1944 al 5 aprile del 1945. Gli autori al centro degli studi di Sereni sono quelli inseriti all’interno del curriculum scolastico, tuttavia, nelle sue letture e nelle sue scelte si possono individuare motivi e figure che ritornano con frequenza, per esempio il tema dell’amore, nelle opere di Catullo e Tibullo, il temi della sofferenza, della lontananza e della felicità del ritrovarsi, ma anche le tematiche della guerra, della vittoria, della sconfitta e della grandezza di Roma antica, nelle opere di Orazio. Un altro tema ricorrente è quello della guerra civile, che Sereni ha scelto di collegare alla Resistenza, anche a seguito della decisione di Togliatti di sostituire, per motivi politici e strategici, questa espressione con quella di “Guerra di liberazione nazionale”. Sereni ha mantenuto in vita questa formula, nonostante venisse utilizzata dai fascisti, poiché scevra, nella sua concezione, di ogni rimando simbolico al fascismo, intesa come pura eredità dell’antichità. Un altro motivo frequente è il desiderio di pace e di campagna, come mostrano gli estratti e il commento a Virgilio. Sereni, che nel 1922, anno della marcia su Roma, aveva 15 anni, scelse di riprendere proprio questi miti fascisti attribuendogli un significato radicalmente opposto. «Le sue pagine rappresentano una forma di resistenza silenziosa anche all’occupazione fascista della cultura e della letteratura greca e latina e offrono una bella lezione sulle infinità molteplici nella ricezione dei classici» – ha affermato la professoressa Losacco.

Il professor Napolitano ha parlato del complesso rapporto tra intellettuali e regime fascista, analizzando il saggio I purosangue di Giorgio Pasquali, pubblicato nel 1933. Egli nutriva avversione nei confronti dell’Illuminismo come movimento politico-culturale, ma era mosso anche da un’antipatia nei confronti della cultura francese, a causa del suo pensiero permeato dalla corrente filogermanica. Questo sentimento antifrancese è ben chiaro nel testo sebbene compaia in chiave esclusivamente culturale poiché, a seguito degli eventi del 1933, come la vicenda del Reichstag, i sentimenti filotedeschi di stampo politico, che avevano animato l’autore in precedenza, mutarono. Ne I Purosangue la Germania resta il punto di riferimento, ma in termini diversi. Partendo dagli Ioni dell’età arcaica, giungendo all’Illuminismo inteso come relativismo ingenuo, come sterile esercizio antistorico che minacciava i valori e i punti di riferimento che avrebbero dovuto, secondo Pasquali, essere difesi, egli denuncia solo alla fine l’insensatezza delle teorie della razza, mantenendo, però, intatta la reputazione del popolo tedesco e degli studiosi tedeschi.  «Da un punto di vista intellettuale e culturale, in un saggio scritto nella seconda parte del ’33 come reazione ai deliri della Rassenkunde applicata a norma di legge, tutto ciò appare singolare e fuori luogo» – ha dichiarato Napolitano. La pagina finale del saggio sembra separata dal resto: qui Pasquali afferma che la teoria delle razze non può applicarsi agli uomini e che la razza è un mito, sostituendo quest’ultimo concetto con quello di popolo, di nazione e patria. Affermare la santità delle nozioni di “nazione” e di “patria” nel 1933 italiano significava compiere una scelta precisa, tuttavia, è sbagliato, secondo il professor Napolitano, tacciare di fascismo Pasquali; sarebbe più consono definirlo allineato. «Nonostante tutti i suoi cedimenti, Pasquali seppe, però, restare nel complesso studioso oltre che gigantesco integro. Può sembrare poco e invece è moltissimo» – ha concluso il professor Napolitano.

È bene, dunque, ricordare che il passato è fondamentale per comprendere il presente, ma non può e non deve essere relegato in una realtà esterna all’individuo, in quanto parte intrinseca di quest’ultimo, che è chiamato a svolgere un enorme compito: quello della responsabilità, non solo individuale, ma anche collettiva. Il professor Roberto Nicolai, docente presso l’Università La Sapienza di Roma, nell’introdurre gli ospiti, ha sottolineato il ruolo della storia: «Noi viviamo sulle spalle dei giganti, ma siamo stati spesso, nel corso della nostra storia, schiacciati da quello stesso peso che abbiamo costruito proprio in quegli anni che ci hanno preceduto e che hanno trasformato questi giganti in mostri».