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Calcio femminile e globalizzazione: le differenze culturali sono una sfida superabile?

di Nicola Davola

Il calcio femminile rappresenta una delle realizzazioni della parità di genere cui stiamo assistendo in tutte le manifestazioni della società civile in tutti i paesi del mondo. Il diverso sviluppo del calcio femminile nei vari paesi e al loro interno (rispetto a quello maschile) non è imputabile solo alle differenze di genere di per sé e ai vari risvolti economici in termini di visibilità, accesso e risultati, ma a elementi di carattere culturale che persistono anche in presenza della globalizzazione sia a livello economico sia dei flussi di informazione.

L’obiettivo della riduzione delle diseguaglianze nel calcio è qualcosa di più dello sviluppo di una disciplina sportiva: la sua realizzazione implica il conseguimento di una mentalità e di una cultura diverse che hanno un impatto sia a livello economico che sociale.

Il calcio rappresenta infatti un grande investimento economico che implica il coinvolgimento dei numerosi attori impegnati nelle varie attività ad esso legate.

Per descrivere il divario economico e di opportunità del calcio femminile in Italia e i suoi effetti sul suo mancato sviluppo utilizziamo l’esempio della Fiorentina calcio, una delle principali squadre del nostro campionato che ha concluso in seconda posizione la passata stagione.

Nel 2019 la Fiorentina Women’s ha avuto ricavi per 865.583 euro, mentre la stessa squadra maschile ha conseguito un ammontare di ricavi pari a 34,7 milioni. Questo dato ci permette di capire la diversa dimensione economica in cui militano attualmente le squadre di calcio femminile e maschile nel nostro Paese.

Il confronto più preoccupante tuttavia è quello con la National Women’s Soccer League (NWSL) americana, l’esempio di calcio femminile più sviluppato nel mondo in questo momento.

Il campionato italiano femminile produce ricavi intorno ai 10 milioni di euro, mentre il calcio femminile americano ha un introito totale di 50,8 milioni di euro annui. Le nostre calciatrici guadagnano di meno di quelle americane: ogni partita ciascuna giocatrice americana guadagna 5000 $ per un totale di 100.000 $ all’anno mentre, poiché il calcio femminile in Italia non è considerato professionismo, l’unica regola salariale vigente stabilisce che guadagnino meno di 30000 euro annui.

Queste piccole evidenze ci permettono di capire che una più adeguata incentivazione potrebbe contribuire allo sviluppo del calcio femminile in Europa ma che i condizionamenti culturali potrebbero frenarne l’efficacia. Occorre per tanto agire su entrambe le componenti per assicurarne lo sviluppo.