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Il duo Baronio-Bartolini porta a teatro “Josefine”, il racconto di Kafka

A partire da oggi, 16 febbraio, e fino a domenica, arriva in prima nazionale al Teatro India di RomaJosefine“, una rilettura di Michele Baronio e Tamara Bartolini del racconto di Franz Kafka. Una produzione “369gradi” e del duo Baronio-Bartolini, in collaborazione con Teatri di Vetro e Teatro del Lido di Ostia, con il sostegno del Teatro di Roma – Teatro Nazionale

Josefine, la cantante o il popolo dei topi“, scritto da Kafka poco prima di morire e pubblicato postumo, narra di una topolina di nome Josefine che è l’unica ad essere in grado di cantare. Il suo canto, atto taumaturgico, evoca un popolo che, in un tempo di estasi e grazia, dimentica sé stesso e si raccoglie attorno all’artista, alla gioia infantile del gioco, riuscendo a scatenare sempre un’emozione tanto forte da fermare la corsa senza sosta dei topi.

Nello spazio scenico, il suo canto attraversa dimensioni temporali, storiche e biografiche, diventando parte di noi. Il corpo è in ascolto della sua frequenza e diventa archivio di immagini collettive in cui la figura di Josefine sembra moltiplicarsi in storie di corpi martirizzati dagli effetti della crisi etica, esistenziale, economica, sociale del presente. Proprio in quelle voci ritroviamo le sensibilità di gesti che sembravano impossibili, ma che hanno spostato la percezione collettiva e hanno fatto compiere un salto atletico alla storia. Allora, la nostra Josefine prende quei gesti e li fa diventare segno, ripercorre le nostre biografie e di quelli che abbiamo incontrato, crea un controcanto della storia umana con quel fischio flebile in cui «c’è qualcosa della nostra felicità perduta», scrive Kafka, qualcosa che «libera anche noi», anche se per breve tempo, «dalle catene della vita quotidiana». Sulla scena resta il corpo dell’attore a contenere tutte queste voci, il corpo che non può fare a meno di cantare.

Questo il racconto di Kafka, portato a teatro da Michele Baronio e Tamara Bartolini. Il duo artistico, nato nel 2009, porta un teatro “manifesto di prossimità” che vuole creare esercizi di vicinanza tra chi lo fa e chi lo riceve. Dopo un periodo di formazione e alcuni spettacoli con diverse compagnie teatrali, nel 2015 vincono il premio “Dominio Pubblico Officine” con “PASSI_una confessione”.

Si formano entrambi tra il centro internazionale La Cometa, laboratori, master class, e spettacoli con diverse compagnie della scena teatrale. Decennale l’esperienza come attori all’interno della compagnia Triangolo scaleno teatro con cui partecipano anche alla creazione del festival Teatri di Vetro. Dal 2014 sono accompagnati dalla 369gradi. Dopo il progetto La Caduta che da inizio al sodalizio artistico, lo spettacolo Carmen che non vede l’ora (inizio di un percorso incentrato sulle biografie), e la performance site specific TU_TWO due alla fine del mondo, nel 2015 vincono il premio Dominio Pubblico Officine con lo spettacolo PASSI_una confessione.

Il duo, come si apprende nel comunicato stampa, porta sulla scena un «reticolato di linee narrative molteplici e sovrapposte, intrecciate dalle proprie storie individuali e da quelle segnate e percorse dalle biografie collettive. La pratica di attraversamento e raccolta di storie di vita, racconti, voci e memorie, si restituisce in esperienza e rappresentazione nell’innesto di un unico corredo biografico e scenico, in uno spazio sempre da fare e da rifare, che accoglie lo spettatore in stanze/scena fatte di oggetti semplici, artigianali e manipolati, in cui la narrazione epica si articola in dispositivi scenici differenti, in congegni drammaturgici e sonori sospesi tra dialogo teatrale, indagine letteraria e atto civile. Nelle loro creazioni artistiche emerge, infatti, la ricerca di una esposizione personale che incrocia la poetica sonora in un dialogo-concerto tra parola e musica, artisti e territori, ritratto della fragilità e della solitudine del mondo contemporaneo, ma anche della sua potenzialità di sovversione».