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L’impatto della blockchain sull’ambiente. Il caso della Crypto Art

Roma, 18 marzo 2022. Nella giornata di oggi, presso l’Università La Sapienza, l’avvocata Giulia Parenti ha tenuto il seminario dal titolo “L’impatto della blockchain sull’ambiente. Il caso della Crypto Art”. L’incontro ha avuto l’obiettivo di analizzare l’impatto ambientale causato dalla recente diffusione degli NFT e della Crypto Art e di riflettere sulle opportunità di regolamentazione del fenomeno.

La Crypto Art viene definita da opere d’arte digitali che vengono pubblicate direttamente su una blockchain sotto forma di token non fungibili (NFT), che rende possibile la proprietà, il trasferimento e la vendita di un’opera d’arte in modo crittograficamente sicuro e verificabile. Uno dei più noti esempi di Cripto Art è il file jpeg dell’artista Beeple, intitolato “Everydays: the First 5000 Days” e venduto per 69,3 milioni di dollari.

Il processo di validazione delle opere avviene tramite il Proof of Work (PoW), il quale facendo uso di sistemi operativi informatici ad alte prestazioni, necessita di un alto consumo di energia elettrica. L’artista ed analista ambientale Memo Akten ha calcolato che ogni singola transazione all’interno degli NFT produce 20 kg di CO2, ed essendo un singolo NFT composto da più transazioni, l’impatto ambientale che l’intero processo causa di conseguenza aumenta considerevolmente. In risposta a questa problematica, alcuni artisti hanno creato, sulla rivista Flash Art, un manifesto di protesta, a denuncia dell’alto inquinamento che le piattaforme utilizzate per i processi di Crypto Art producono.

Tra le opinioni degli “addetti ai lavori” troviamo idee e pareri contrastanti:
• Daniel Hirst, artista, vende su piattaforme più sostenibili;
• Salvatore Garau, artista, è contrario agli NFT;
• Roger Huang, esperto di blockchain, punta a sfruttare la sovracapacità elettrica altrimenti sprecata;
• Tamara Belardi, esperta di blockchain, parla di pregiudizi non fondati in quanto sostiene che la maggior parte dell’energia elettrica usata nel processo degli NFT proviene da fonti rinnovabili.

Esistono diverse possibili soluzioni al problema. Tra di esse troviamo l’uso di algoritmi più evoluti del Proof of Work e a ridotto impatto imbientale, come il Proof of State (Pos) o il Proof of Space and Time (PoST). Altre possibili soluzioni risiedono all’interno del Crypto Climate Accord (CCA), il quale si impegna a decarbonizzare l’industria criptografica entro il 2030, e del Bitcoin Mining Council (BMC), un’alleanza che promuove la trasparenza all’interno della blockchain.

In conclusione è quindi possibile imputare parte della crisi energetica globale all’interno dei processi della Crypto Art. Per arginare questa crisi è perciò necessaria la presenza di regole chiare, frutto di cooperazione internazionale, e la ricerca di strategie di consumo sostenibili.